lunedì 17 aprile 2017

Non ti sopporto più (ovvero: la password)

La navigazione su internet, o l'utilizzo di app, ormai sembra non poter fare a meno della famigerata password: quasi ovunque è richiesto registrarsi e quindi impostarne una. I risultati, ovviamente, sono questi:
http://mobile.hdblog.it/2017/01/16/123456-password-utilizzata-2016/
Ora, finché queste password sono utilizzate per servizi banali (per esempio, registrare le ricette preferite), passi... ma se sono utilizzate per la posta elettronica (privata: quella lavorativa non la prendo nemmeno in considerazione, altrimenti qualcuno rischia che lo sbrani) o per il conto corrente online, beh, allora tutto il male che può accadere è pienamente meritato!

Quindi, poiché sono un male necessario, cerchiamo di capire l'importanza delle password e come gestirle.

La password è uno dei due elementi fondamentali di ciò che comunemente vengono chiamate "credenziali"; l'altro è il nome utente (o username, più comunemente). Questa coppia fa sostanzialmente due lavori: con lo username avviene l'identificazione, cioè il riconoscimento univoco, in funzione di associazione univoca delle informazioni, della persona; con la password, avviene l'autenticazione, ossia si controlla la veridicità dell'identificazione. Questa verifica è necessaria perché lo username, in un certo senso, è un dato pubblico, quindi per riconoscere il legittimo proprietario bisogna che si utilizzi un dato privato, cioè conosciuto appunto solo da lui. Il senso della password è tutto qua: che sia un dato noto soltanto alla persona a cui appartiene. Nel momento in cui tale dato perde il suo carattere di segretezza, non ha più senso; e questo avviene in tutti i casi seguenti:
  • la rendiamo pubblica (o nota anche ad una sola altra persona)
  • ne utilizziamo una estremamente diffusa (come avviene appunto per le password della lista riportata nell'articolo sopra citato)
  • la scriviamo in un posto facilmente accessibile (il post-it sul monitor è un classico)
  • la scegliamo utilizzando informazioni pubblicamente note (come la data di nascita, propria o di qualche familiare, o il nome del gatto...)
Un altro comune errore è quello di lasciare al browser, al programma di posta, o alla app di turno, la registrazione delle password, in modo da evitare che venga richiesta ogni accesso. A parte che la registrazione può avvenire in modo non protetto (cioè cifrato, o se la cifratura viene utilizzata, senza che ne abbiamo noi il controllo)... così ci mettiamo alla mercé di chi dovesse avere l'accesso al nostro dispositivo o profilo, perché non dovrebbe nemmeno fare la fatica di cercare o indovinare le password. Ma il più grave errore che si può fare in tema di password, è pensare che a nessuno interessi soffiarcela. Come detto prima, con la password si autentica l'identità, quindi in realtà con la nostra password un malintenzionato impersona noi stessi, e può compiere qualsiasi atto a nostro nome (e dimostrare di aver subito il furto di identità non è cosa banale). Forse non tutti sanno che esistono vere e proprie aste di gruppi di credenziali valide di alcuni celebri servizi, segno evidente dell'interesse che ha questa "merce" (vedere, solo per fare un esempio, questa notizia)

Il problema alla base delle scellerate scelte della password sta tutto nella necessità di ricordarla. Ma è un falso problema: non è necessario ricordare a memoria tutte le password (in realtà, è il regolare utilizzo che, stimolando la nostra memoria, le fa ricordare, a prescindere dalla complessità e lunghezza). Io per primo, che credo di essere un bravo utilizzatore di buone password, non pretendo di ricordarle tutte, anzi! L'unico trucco necessario e sufficiente a gestire correttamente le password è scriverle, ma esclusivamente in un posto sicuro. Esistono molti programmi o app che fanno proprio questo: un piccolo database dedicato alle password, ovviamente cifrato. Il difetto è che per cifrare (e decifrare) il database, una password è necessaria: ma una sola. Questa sì che vale la pena dello sforzo di trovarne una sufficientemente complessa, veramente privata, e che non corriamo il rischio di dimenticare (se non in caso di amnesie gravi, ma in quel caso questo è un problema minore); anche perché la raccomandazione è quella di non scriverla, mai, da nessuna parte, e di non dirla veramente a nessuno! Se utilizziamo uno di questi "password manager", ed impariamo ad usarlo sempre, allora verrà facile anche passare ad una logica che fa fare il salto di qualità in termini di sicurezza: non scegliere più le password per far sì che siano in qualche modo mnemoniche, ma farle generare in modo casuale, e con lunghezze significative (dai 12 caratteri in su), e soprattutto cambiare regolarmente quelle più critiche.

Altro metodo di sicurezza che sta progressivamente diffondendosi è quello dell'autenticazione a due fattori (two-factor authentication): la fase di autenticazione si basa non solo sulla password, ma su un ulteriore codice che ha una validità limitata nel tempo, e quindi ogni accesso va nuovamente generato. Questo secondo codice può arrivarci con un metodo che abbiamo precedentemente validato (la nostra mail, il nostro cellulare), oppure con dispositivi appositi, chiamati token, che vengono rilasciati dal fornitore del servizio. Certamente è un ulteriore passaggio che ai più sembrerà un ulteriore fastidiosa perdita di tempo, ma a me sembra trascurabile davanti alla concreta possibilità di trovarsi il conto in banca svuotato.

In conclusione, dovremmo convincerci che dobbiammo riservare alle password la stessa attenzione che riserviamo alle chiavi di casa: esse rappresentano di fatto il modo di impedire agli estranei l'accesso al nostro piccolo "regno digitale".

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