giovedì 29 giugno 2017

Dati, oltre persone e cose

Da qualche giorno sulle televisioni gira uno spot pubblicitario di una catena di supermercati, il cui "racconto" è questo: il direttore del negozio, dopo la chiusura, trova tra le corsie una bambola, si mette a controllare i filmati del circuito di sorveglianza, identifica a chi appartiene la bambola e tornando a casa la riconsegna alla sua piccola proprietaria.

Ora, la pubblicità serve per colpire, attrarre, stupire; non è certo esempio di aderenza alla realtà (non per niente spesso è definita ingannevole), e quindi mi è venuto spontaneo pensare agli elementi poco plausibili dello spot stesso. Eccoli qua:
  • Il direttore che è l'ultimo ad uscire
  • che trovando la bambola, gli venga in mente di restituirla
  • che si metta a cercare la proprietaria
  • che si scorra i filmati dell'intera giornata
  • che riconosca la proprietaria e ne conosca l'indirizzo.

Poco da dire sui primi 3 elementi: persone così sono mosche bianche, ma per fortuna esistono. Ma gli ultimi 2 sono più interessanti.

Riguardo ai filmati registrati di sorveglianza, non credo siano così facilmente accessibili, ancorché dal direttore del negozio: per motivi di privacy dovrebbero essere visionati solo dall'autorità giudiziaria, che ovviamente interviene solo in caso di necessità (tra cui escludo possiamo inserire lo smarrimento di una bambola!). In ogni caso, la realtà è che ogni giorno finiamo filmati, senza rendercene conto, da decine di camere, per cui praticamente ogni nostro passo può teoricamente essere ricostruito. Personalmente non lo ritengo un problema a patto che i filmati stessi siano effettivamente utilizzabili solo da chi di dovere (il che include anche che i dati siano opportunamente protetti da accessi fraudolenti); ma è indispensabile che ne siamo informati e coscienti.

Ma l'indirizzo di casa? Come accidenti farebbe a conoscerlo, il buon direttore? Escludendo il caso fortunato che siano persone conosciute personalmente , e sufficientemente bene da sapere dove abitano, bisognerebbe pensare che è solo finzione. Ahimè, non è così: dentro la borsa della mamma c'è quasi certamente la tesserina punti di quel supermercato, che ha ottenuto solo dopo aver compilato un modulo in cui si è identificata con nome, cognome, indirizzo, probabilmente persino il telefono. Ed il vero problema è che a quella tesserina sono associati (cioè raccolti e registrati) una marea di dati, come giorni ed orari di utilizzo, la forma (ed i relativi dettagli) di pagamento utilizzata, i prodotti acquistati, i premi vinti, etc... tutto allo scopo di profilarci (in modo ed allo scopo totalmente equivalente, per di più introdotto in un'era precedente, a quanto fanno i vari servizi internet; ne parlai nel post sulla privacy). Basta combinare l'ora del passaggio della tessera in cassa, anche questa sicutìramente presente nei filmati, con i dati stessi delle tessere, et voilà: nome, cognome ed indirizzo saltano comodamente fuori!

Due domande sorgono spontanee:
  1. E se lo scopo del direttore, o di qualsiasi altra persona, non fosse quello di fare un gesto di gentilezza?
  2. E soprattutto, non poteva telefonarle?

lunedì 12 giugno 2017

La giungla delle licenze d'uso

Eccola, l'ennesima rottura di scatole: ogni installazione di un programma che si rispetti ha una maledetta pagina in cui si chiede di leggere e accettare la licenza. Addirittura, ora che i software sono diffusi in praticamente qualsiasi dispositivo quotidiano (inclusi i frigoriferi, gli antifurto, le bambole, i televisori, le automobili...), l'accettazione della licenza è un passaggio d'obbligo prima di iniziare ad utilizzarli! E siccome abbiamo sempre fretta, nessuno legge cosa accetta (alzi la mano chi lo fa).

A questo punto i soliti 7/8 lettori si guarderanno scambiandosi sguardi di vergogna. Oppure alzeranno gli occhi al cielo... eccolo di nuovo a pontificare su cose che non ci interessano!

Ma se qualcuno, per puro caso, si chiedesse perché vale la pena di discutere di un argomento così noioso, ecco la risposta. Questa maledetta paginetta è importante per 2 buoni motivi:
  1. Dichiara le regole che devono essere rispettate per concedere il permesso di utilizzo.
  2. Ha valore legale.
Fermi tutti! Cosa vuol dire permesso di utilizzo? Forse non tutti sanno che i beni immateriali sono quasi sempre tutelati dal diritto d'autore, cioè che l'ingegno profuso dall'autore nel creare qualcosa di originale, benché immateriale, venga remunerato e protetto (principio, in realtà, ineccepibile). Ciò vale per la musica, il cinema, il teatro, i libri ed anche per il software.
Normalmente (ed erroneamente) si è propensi a dichiarare "caro" un disco contenente una delle suddette opere, quando il puro disco vuoto costa pochissimo (ed ecco automaticamente che ci si sente in qualche modo giustificati a copiare il contenuto del disco stesso). Non è questa la sede per discutere se il costo commerciale del disco sia sempre giustificato dalla qualità dell'opera (certamente non lo è sempre, ma nemmeno mai), comunque sia l'avvento di internet ha cambiato lo scenario: i supporti stanno scomparendo, e tutto ciò che precedentemente veniva veicolato sui supporti fisici arriva ora attraverso la rete, rendendo di fatto l'opera ancora più immateriale, e contemporaneamente mettendo allo scoperto il fatto che non si paga il supporto, ma il suo contenuto. Con un grossissimo "però": il pagamento non è l'acquisto di un bene (una copia fisica), ma appunto l'autorizzazione (o licenza) ad usufruire di quel contenuto. E come se non bastasse, questa autorizzazione non è concessa solo con il corrispettivo del pagamento, ma anche con una serie di limitazioni sull'usufrutto! Certamente avrete notato, nei dischi dei film,  l'immancabile avviso  per la visione puramente privata... quella, appunto, è un esempio di queste limitazioni.

Per i software, queste limitazioni assumono proporzioni impressionanti, e quel che è peggio, di tipi di licenze ne esistono un numero spropositato (quasi impossibile trovarne due uguali), per cui fare un riassunto è impossibile. Ma è importante sapere e capire quali sono i temi che vengono trattati all'interno (perché, è bene ricordarlo, se si violano si è passibili di denuncia):
  • Numero di installazioni o di utilizzatori (persone) autorizzato
  • Uso in ambito personale, educativo/scientifico o commerciale
  • Copia o meno del supporto o dei file
  • Riutilizzo all'interno di altri software
  • Accessibilità/disponibilità o meno del codice sorgente
  • Trasferibilità della licenza ad altri soggetti
  • Responsabilità derivante dall'utilizzo del software
In realtà, almeno sull'ultimo punto si trovano tutti d'accordo, e ciò che viene asserito, più o meno, suona come un: arrangiati! Cioè, qualsiasi conseguenza derivante dall'uso del software non può essere ascritta al creatore dello stesso.
Se poi qualcuno si affida al principio che tanto non controlla nessuno (a parte l'evidente immoralità dell'atteggiamento), sappia che non proprio sempre è così: nell'azienda dove lavoro è arrivato un avviso ingiuntivo per utilizzo non autorizzato di un certo software (ed abbiamo verificato che la cosa purtroppo era vera, anche se in realtà era avvenuta sul computer di un ospite; ora la cosa è in mano agli avvocati).

Nel mondo del software, però, è diffusissimo il costume (presente anche negli altri casi, ma in misura molto minore) della gratuità della licenza: esistono milioni di software utilizzabili gratuitamente, ma attenzione, non liberamente! Anch'essi hanno una licenza con le sue brave limitazioni (che per la maggior parte degli utilizzatori finali, sono per fortuna accettabilissime). Altro aspetto, che contrariamente a quanto viene fatto credere non è completamente coincidente con il precedente, è la diffusione del codice sergente di un software (da cui il nome inglese open source): questa disponibilità infatti permette a chiunque (purché con le competenze necessarie) di analizzare il software in questione, e quindi controllarne la qualità (ne esistono di ottimi e di pessimi, come d'altra parte succede anche per quelli con codice chiuso).
Di tipi di licenze per software in qualche modo "liberi" ne esistono un gran numero, anche se quelle diffuse sono abbastanza poche, ognuna però con le sue peculiarità; non è questa la sede per approfondire (per iniziare, segnalo questa pagina su Wikipedia).

C'è un ultimo aspetto da sottolineare, e che probabilmente non è chiaro a tutti: che il principio della licenza si applica anche ai libri elettronici (ebook), che ormai diffusissimi, tanto che ormai ogni libro esce sempre sia in forma sia cartacea che elettronica (al più, viene proposto solo in elettronico). Questo comporta che non possiamo più prestare il libro, come si faceva una volta (pratica lodevolissima, soprattutto se prende la forma istituzionalizzata chiamata biblioteca); addirittura, mi sembra di aver capito che in certi casi non è nemmeno possibile spostarlo di dispositivo (cioè dal tablet all'ebook reader, per esempio). A mio avviso, questa rappresenta una stortura di un sistema che invece ha il suo perché.

Quindi, a meno che non si tratti di una licenza già conosciuta, è bene dare almeno una veloce occhiata, giusto per sapere cosa si può e soprattutto cosa non si può fare (e capire, perché no, anche che tipo è il creatore o il distributore di quell'opera...).