sabato 25 novembre 2017

La biometria e la falsa sicurezza

Non so se avete saputo, visto che la notizia è passata sotto silenzio (😉), ma è in commercio da qualche settimana il nuovo iPhone; e tra le nuove funzionalità, c'è Face ID, cioè lo sblocco dello smartphone attraverso il riconoscimento facciale. In questo caso molto avanzato (viene utilizzata una mappatura tridimensionale), tuttavia circolano in rete, e non mi risultano siano state smentite, notizie secondo cui si è ottenuto uno sblocco "fraudolento" tramite una maschera di silicone (dal costo di 150$), oppure con un familiare, come un fratello ma anche un figlio.
Non è proprio la stessa cosa, però qualche giorno fa mi è capitato di "sbloccare" la ricerca di Google sullo smartphone di un collega con la mia voce (casualmente, non stavamo facendo un esperimento mirato).

Questo genere di funzionalità fanno parte del ben più ampio campo della biometria utilizzata come metodo di riconoscimento considerato sicuro. Non siamo forse abituati all'utilizzo delle impronte digitali, che sono ormai anche dentro il passaporto e regolarmente utilizzate nelle procedure di ingresso in stati come gli USA?

Anche nel mondo digitale, lo sappiamo benissimo, c'è il problema del riconoscimento sicuro, perché il furto di identità può avere impatti notevolissimi sulla vita del malcapitato, anche fuori dal mondo virtuale (basta pensare cosa accade se l'identità in questione è quella del conto corrente bancario). La sicurezza della propria identità è affidata primariamente all'odiatissima password, però è ormai chiaro che non basta più; e per questo sono arrivati l'autenticazione a due fattori, dove alla password vera e propria viene affiancato un secondo codice generato casualmente con validità brevissima, ed appunto la biometria.

Ma non è tutt'oro quello che luccica. Ai più la biometria può essere l'uovo di colombo: una volta identificata quale sia la caratteristica fisica più adatta, cioè meno soggetta a falsi positivi, il gioco è fatto. La questione è un po' più delicata per almeno due motivi.
Il primo è la privacy: se la caratteristica in questione è sotto gli occhi di tutti e facilmente accessibile, chiunque è in grado di carpircela e riutilizzarla al nostro posto. Per esempio, ritornando all'inizio del post, la nostra faccia compare in migliaia, se non milioni, di immagini di cui spesso non conosciamo nemmeno l'esistenza. Nel caso (più estremo) delle impronte digitali, utilizzate già da tempo sugli smartphone non solo più di fascia alta, mi ricollego ad una serie televisiva di spionaggio (ma sono sicuro non fosse un'idea originale) in cui viene tagliato il dito ad una persona per poterlo utilizzare su un lettore di impronte al posto suo. Quindi occhio: impostare il riconoscimento facciale per qualche servizio critico, e poi postare selfie a raffica sui social, espone al rischio di essere chiamati dal sottoscritto "demente" (oltre a quello di ritrovarsi il conto bancario prosciugato).
Il secondo motivo riguarda un aspetto molto più tecnico, ma da tenere presente: una qualsiasi caratteristica fisica, una volta acquisita, è codificata digitalmente come sequenza binaria per poter essere memorizzata e confrontata (magari in modi non banali) con le nuove acquisizioni della stessa caratteristica nel momento in cui vengono utilizzate per l'identificazione; il che rende quel dato memorizzato estremamente critico, sia in termini di riservatezza che di protezione. Per dirla chiaramente: se viene perso (cancellato), addio identificazione e quindi accesso al servizio; se viene carpito fraudolentemente da qualcuno, non è possibile modificarlo come una password!

In conclusione, è molto imprudente considerare la biometria LA soluzione del problema identificazione sicura; è sicuramente una possibilità, e non secondaria, all'interno di un sistema più complesso. Personalmente preferisco l'autenticazione a due fattori con password (che posso scegliere, modificare, e mantenere realmente segreta) e secondo codice che sia invece generato da un ente terzo, rinnovabile e fornitomi in modo assolutamente riservato (tipo token o certificati digitali).

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